Avete mai immaginato una serie TV in cui c’è solo lə protagonista in ogni episodio apparentemente scollegato dagli altri e di collegarli insieme con delle scorregge? Beh, Solos l’ha fatto! Ma non vi spiegherò come 😂
Solos (non ci spieghiamo il motivo della traduzione italiana al singolare 😅) è una miniserie antologica da 7 episodi che si concentrano su semi-soliloqui di un singolo personaggio. Si tratta di una modalità narrativa che spiazza e che mette lo spettatore in una condizione di ascolto e di empatia a livelli altissimi. Assistere ad un monologo di circa 20-30 minuti può spaventare (ogni episodio dà in effetti l’impressione di durare il doppio del tempo). Gli espedienti narrativi utilizzati rendono però, il più delle volte, il ritmo molto coinvolgente, facendo appello alla nostra umanità. Ogni personaggio si apre completamente allo spettatore attraverso le sue riflessioni sul passato, sulle proprie scelte, i propri rimorsi e le proprie paure. Ciascun episodio è un concentrato di emozioni su pellicola ed ognuno di essi è anticipato da una domanda, posta da Morgan Freeman nel ruolo di narratore, che fa da filo conduttore.
LEAH – Se viaggi nel futuro, puoi sfuggire al tuo passato?
Una brillante fisica (Anne Hathaway) ossessionata dal viaggio nel tempo trova due improbabili personaggi che intralciano la sua grande scoperta.
Cosa ho provato guardando il primo episodio, diretto da Zach Braff? Ho provato un senso di disagio nel sentir nominare concetti di fisica come l’orizzonte di Cauchy (quello successivo all’orizzonte degli eventi in un buco nero, NdR) e veder crollare ogni parvenza di scientificità di fronte ad un palese errore concettuale. Talmente palese da far pensare che fosse voluto, un gioco tra Braff e lo spettatore attento. Forse proprio un escamotage per mantenere salda la presa della nostra attenzione o per divertire lə appassionatə di storie di viaggi nel tempo, fornendo loro un pretesto per fare elucubrazioni post visione.
TOM – Immagina di incontrare te stesso, chi vedi?
Dopo aver scoperto che il suo tempo sulla Terra è limitato, Tom (Anthony Mackie) acquista un controverso nuovo prodotto per la sua famiglia.
Tom è l’episodio che dà il via alla magia di Solos, puntando i riflettori sull’umanità e sulle sue emozioni, e dando ancora maggiore rilievo alla prova attoriale del protagonista. La cosa che amo più di Solos è questa, sembra quasi una gara tra attori: hai un testo, facci vedere come entri nella parte, facci vivere il personaggio nel modo più intenso ed intimo che puoi! E Mackie lo ha fatto magistralmente!
P.s. Vedendo che Wilder, il figlio di Tom, gioca con le action figure, mi sono chiesto se tra i suoi giochi ce ne fosse anche una di Falcon 😁
PEG – Quanto lontano viaggeresti per ritrova te stessa?
Mentre sfreccia nello spazio in un misterioso viaggio verso i confini più remoti dell’universo, Peg (Helen Mirren) rievoca una vita intera di avvenimenti che l’hanno condotta fino a questo momento.
Parlando di interpretazioni magistrali, quella di Helen Mirren vi farà venire i brividi di pathos! L’intero episodio di configura come un viaggio in cui il vuoto dello spazio diventa lo schermo su cui Peg proietta la sua vita come un film. Ripercorrendo i suoi ricordi, giunge a conclusioni davvero poco confortanti, rimorsi e consapevolezza di essere sempre stata ingiustamente invisibile. E a questo punto persino la voce digitale a cui si sta raccontando sembra costretta a diventare completamente umana, di fronte a tutta la fragilità di Peg.
«Io ti vedo Peg.»
«Ma non hai neanche gli occhi.»
«Non mi servono gli occhi. Ci sono più cose da vedere in te che in chiunque abbia visto, o conosciuto o sentito nella mia intera esistenza e non servono occhi per quello.»
E nel finale ho provato la catarsi che solo la pellicola può regalare, unita alle note del grandissimo David Bowie. Si è capito che questo episodio l’ho adorato? 😆 Per quanto mi riguarda, l’intera serie vale la pena di essere vista già solo per questo assolo.
SASHA – La minaccia dall’esterno è più grande di quella dall’interno?
Vent’anni dopo un evento globale che ha spinto il mondo a rinchiudersi in casa, Sasha (Uzo Aduba) cerca di battere in astuzia la sua casa intelligente che teme stia cercando di manipolarla per farla uscire.
L’episodio introduce nuovi elementi comuni a quasi tutti gli episodi: il virus, la pandemia, lo Stay. In un’intrigante realtà alternativa in cui i complottisti sono quelli che non vogliono uscire di casa per paura del virus, Uzo Aduba ci fa impazzire con Sasha, esasperata dalla paura, dai media e da memorie andate.
JENNY – Vorresti poter cancellare il peggior giorno della tua vita?
Jenny (Constance Wu) è rimasta seduta in una stanza in un’attesa esasperante. Dopo essersi resa conto che frammenti della sua memoria sono scomparsi, Jenny tenta di ricordare i tragici eventi che l’hanno portata in questa particolare sala d’attesa.
Jenny è forse l’episodio più difficile da seguire e comprendere. Siamo di fronte ad un effettivo monologo incentrato sull’edonismo della protagonista, sulla sua colpevolizzazione e sui suoi rimorsi più profondi. La disperata ricerca di una gravidanza, il tradimento ricercato con il vicino, l’intenso rapporto instaurato con suo figlio. Attraverso i racconti di Jenny siamo invitatə a comprendere tutto ciò che l’ha portata ad un tragico epilogo e a riflettere su importanti dilemmi che la società ci pone ogni giorno.
NERA – Chi decide chi ha il diritto di stare al mondo?
Dopo aver fatto un’avveniristica cura per la fertilità, Nera (Nicole Beharie) all’inizio è colma di gioia per la nascita del suo bambino. Ma presto scopre che c’è qualcosa di insolito in suo figlio.
Tra tutti gli assoli, quello che brilla un po’ meno è, a mio avviso, Nera. Il tema è indubbiamente uno dei più importanti tra quelli esposti nella serie. Chi decide chi ha il diritto di stare al mondo? La risposta che l’episodio ci dà risulta però un po’… Banale? Superficiale? Mi dispiace usare questi termini per un episodio di un gioiello di profondità come Solos. Però è quello che ho provato guardando quello che sembra un film horror di quelli un po’ scarsi.
STUART – Chi sei tu se non riesci a ricordare chi sei?
Un ragazzo, Otto (Dan Stevens), cerca un uomo anziano, Stuart (Morgan Freeman), che si ritiene soffra di demenza, e gli fornisce i mezzi per recuperare i ricordi: impianti di memoria che si è procurato sul mercato nero. Mentre la memoria di Stuart si rigenera, iniziamo a dubitare delle motivazioni di Otto e scopriamo una scioccante verità sull’identità di Stuart, una verità che riecheggia in tutte le sette storie della serie.
Con Stuart, il cerchio si chiude. Stuart è definito da una guardia della struttura che lo ospita, un solos, che, in quanto tale, deve rimanere isolato. Durante tutta la serie, ci sono stati forniti elementi cronologici e narrativi utili alla comprensione della serie complessivamente. In questo caso con la leggerezza di assistere ad un dialogo, anziché ad un monologo, interpretato da due grandi attori, Morgan Freeman e Dan Stevens. Tutti gli indizi raccolti fin qui ci faranno capire cosa li legava, in uno splendido episodio ricchissimo di emozioni.
Di Solos, quello che resta dopo la visione sono le emozioni. Finito ogni episodio è inevitabile ripercorrerlo mentalmente cercandovi i significati più profondi, per le straordinarie interpretazioni e perché quei soliloqui riescono a stimolare in modo potente la nostra introspezione.
C’è un dettaglio che ancora mi fa rimuginare sulla dinamica degli eventi, una cosa che proprio non mi torna… Chissà se dopo aver visto Solos, ci penserete anche voi!?